L’arte come una finestra

L’etimologia della parola ARTE sembra derivi dalla radice armena AR- “andare verso”, radice che ritroviamo in latino ARS – ARTIS e sta ad indicare qualsiasi opera umana che si svolge per mezzo d’ingegno, secondo insegnamenti dedotti dall’esperienza o seguendo una geniale ispirazione.
L’arte riguarda quindi tutte quelle attività dell’uomo quali la pittura, la scultura, il cinema, la fotografia… ma cosa spinge l’individuo a creare?
Sin dal paleolitico l’uomo ha iniziato a rappresentare delle figure divenute nel tempo simboli. Sono state rinvenute, sin dai tempi delle caverne, dei graffiti che raffiguravano animali ,segno della volontà di rappresentare i momenti di caccia e la vita comune, vita dell’uomo fatta di bisogni e istinto di sopravvivenza. In seguito si è passati all’uso di simboli che potessero rappresentare qualcosa di diverso dal reale e tangibile; simboli che parlavano di realtà interne non coscienti. Inizialmente, questi, erano utilizzati per rappresentare la figura umana: un ovale o una foglia per rappresentare la forma e la rotondità femminile, una freccia o un ramo verticali per rappresentare la forza maschile e il simbolo fallico. E’ evidente come l’obiettivo non sia la mera raffigurazione dell’uomo o della donna, ma il concetto, l’idea nell’insieme che l’uomo avesse di queste figure.
Da queste prime forme di ideazione pittorica si passerà poi ad intervenire sulla natura trasformandola e creando ex novo. L’atto creativo quindi, si traduce nel rappresentare, rendere visibile quell’immagine interna, come avviene con le immagini oniriche che si rivelano nei sogni; (lo stesso Van Ghog confidò: “le immagini dei miei quadri mi giungono come in un sogno”) si produce dal mondo dell’inconscio al conscio tentando di fornire informazioni,forme e significato riguardanti il primo.
E se Freud ne “Il poeta e la fantasia ” spiega in che modo un soggetto creativo si comporti come un bambino che giocando crea un proprio mondo, dandone una connotazione negativa; Segal in una visione ottimistica, parla di un mondo nuovo e restaurato che l’artista ricostruisce a partire dal proprio universo interiore avvertito a pezzi. Binswerger invece, rifacendosi al concetto di “dasein”, descrive l’opera d’arte come la modalità dell’artista di essere al mondo, prova della sua esistenza e impronta del suo esser-ci.
Pertanto lo strumento che sia il pennello, la macchina fotografica o altro, diviene semplicemente il mezzo attraverso il quale prendono vita quei segni, quelle parole prive di suono ma che possono solo lasciarsi guardare.
“L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è.” Paul Klee.
E’ bene precisare che l’atto creativo è sempre frutto della cultura, dell’ambiente e del tempo in cui l’artista vive. Esso si fa portavoce di un messaggio che non può prescindere dal periodo storico in cui è immerso, esso se ne fa carico divenendo forse il capro espiatorio. L’opera d’arte diviene il risultato tangibile,diviene specchio per i suoi fruitori che si rivedono e si riconoscono.
Pertanto l’arte è immancabilmente come “una finestra”, un passaggio attraverso il quale si evince “l’andare verso”(forma enunciativa della radice armena AR del termine ARTE) che riconduce al costante passaggio tra l’autore e il fruitore, tra il mondo interiore ed esteriore, individuale ed universale, reale ed immaginario.
Immagine in evidenza: Magritte.”La condizione umana”, National Gallery di Washington